L’episodio ai Raggi X

Dietro le quinte

E’ il primo episodio del 2006, dopo lo hiatus natalizio. E c’é stato anche un cambio di giornata di programmazione. Mentre le prime nove puntate erano andate in onda il martedì, abbinate ad “House”, ora la serie é stata spostata al mercoledì. Contro due telefilm come “Lost” della ABC e “Criminal Minds” della CBS. Fans con il fiato sospeso.

Fox: un network, un perchè…

Quest’episodio in realtà é l’undicesimo, non il decimo.

Il caso

Mentre, al Jeffersonian, Goodman e Hodgins sono alle prese con un corpo risalente all’Età del Ferro, Booth e Brennan volano a Los Angeles per indagare sui resti di una donna misteriosa ritrovata nell’area dell’areoporto.
Il secondo caso in trasferta – dopo quello nella piccola città di Aurora – é un po’ debole ed ingarbugliato, ma vince sul piano della fotografia e delle inquadrature: colori splendidi, taglio cinematografico.

i PROTAGONISTI: evoluzione, particolari, dinamiche

Se Booth e Brennan fossero andati in trasferta a Miami, anziché a Los Angeles, questo episodio avrebbe potuto essere un crossover con “Nip/Tuck”. Ma l’atmosfera non é comunque dissimile. Il sole, una città che fonda se stessa sull’apparenza, chirurghi che sono i nuovi profeti della felicità e giovani donne con sogni di gloria destinati a ridimensionarsi.
E il caso che si riassume efficacemente in una sola frase di Brennan, riguardo la vittima: “Pensava di essere brutta. Ha fatto tutto ciò che poteva per rendersi bella ed é solo riuscita a rendersi invisibile“.
Già. La Los Angeles di questo episodio – e i suoi abitanti – é ritratta in un’ottica stereotipata di plastificata superficialità (e se consideriamo che in realtà “Bones” stesso é girato a LA, la cosa é divertente). Una tendenza che emerge qua e là, continuamente, dai dialoghi e dai personaggi di contorno.
Quando Brennan afferma che le condizioni del cadavere non sono dovute a smembramento, Booth ribatte: “Sicura? Sai, siamo a Los Angeles. Sono esibizionisti“.
Per non parlare di quel che pensa Booth del gruppo di ragazzi che giocano a beach-volley in riva all’oceano e fra i quali lui e Brennan stanno cercando un sospettato: “Chiunque giochi a questo stupido gioco può essere capace di uccidere“.
Oppure penso al contatto sul posto di Booth e Brennan, l’agente dell’FBI Trisha Finn. Che é un’aspirante sceneggiatrice che prende con una certa leggerezza il suo lavoro, sperando prima o poi nel grande salto verso il cinema. Francamente l’ho trovata un tantino forzata. Booth ne é irritato e le dice : “Questo é un lavoro fiero e nobile, ma lei lo sta usando per arrivare a qualcos’altro“. Mmm…ma davvero qualcuno si può permettere di diventare agente dell’FBI per ripiego? Da quel che so non é esattamente una bazzeccola diventarlo, c’é un addestramento, molta disciplina…Come é riuscita questa biondina con vezzi artistici a diventare un agente speciale se nemmeno ci credeva? Fatto sta che, se non altro, consente a Booth di dire una delle battute che ho preferito: “La smetta di usare il mio Federal Bureau of Investigation come trampolino di lancio verso qualcosa che lei crede sia meglio. Perché nel mio libro non c’é niente di meglio“. Gente, questo é un uomo che crede profondamente in quello che fa.
Per il resto, come al solito, Brennan e Booth hanno un budget di rimborso spese assai differente e lei pernotta in un hotel decisamente più lussuoso di quello di lui, che invece non ha nemmeno la piscina. Eppure Booth non resiste e anziché noleggiare un’auto comune, noleggia una Mustang del ’66 (mentendo spudoratamente all’FBI). Dal canto suo, mentre é in California, Brennan ne approfitta per partecipare ad un talk show ed incontrare la produttrice che vuole girare un film ispirato al suo romanzo.
Intanto, al Jeffersonian, si consuma la diatriba tra Jack e il dottor Goodman, impegnati a studiare e a determinare l’autenticità di uno scheletro risalente all’Età del Ferro: lo scienziato contro l’archeologo. Goodman sembra tornare a vestire i panni del proprio vecchio lavoro – smessi per fare l’amministratore – con una certa nostalgia. Jack dimostra uno sprezzo del pericolo ed un orgoglio – sfidando apertamente il capo – che rasentano il suicidio professionale. Se Goodman non fosse uno con della pazienza e del buon senso, avrebbe validi motivi per licenziarlo. Ma d’altronde, come ben afferma Angela: “Sono uomini. Dovrebbero solo metterli sul tavolo e misurarli“.
Aggiungo unicamente questo: grande Angela.
Una menzione d’onore per il laboratorio forense di Los Angeles: un set assolutamente magnifico e chiccosissimo.
E…uhm, lo sapevate che a Los Angeles ci sono un sacco di coyote?
Io no. E neanche Booth. Questo il suo commento: “Pensavo che i coyote fossero una cosa da cowboy“.

Guarda chi si rivede…

Chi ha seguito “Buffy – The Vampire Slayer” non può non ricordarsi del mitico Sindaco Wilkins, il big bad della terza stagione. Bene, l’attore che lo interpretava, Harry Groener, appare in questo episodio, nel ruolo del dottor Atlas, e fa uno strano effetto rivederlo a confronto con David Boreanaz.
Compare anche Penny Marshall, nota produttrice e attrice americana (é stata una delle due protagoniste della vecchia serie “Laverne & Shirley“), nel ruolo di se stessa.

La canzone

Precious” dei Depeche Mode, sull’ultima scena.
Luci cangianti, un’atmosfera densa e blu, Booth e Brennan appoggiati alla ringhiera. Non c’é nessun intento romantico, ma lui é bellissimo.
Aggiungo che, nella prima scena di Booth e Brennan sulla Mustang, lungo Rodeo Drive, si sentiva “Oh la la” dei Goldfrapp, sostituita purtroppo nei dvd da un altro brano che non conosco.

La scena

Booth che interroga la squillo Leslie, semisdisteso su una sdraio, illuminato dal sole, a bordo piscina.
Ok, chiamatemi superficiale, ma é una scena che parla da sola.

La battuta

Brennan: “A queste ossa che tu mi porti, io do un volto. Li chiamo per nome, ad alta voce. Li restituisco ai loro cari e tu arresti il cattivo. Questo mi piace”.
Booth: “Anche a me”.

Il mio parere

C’é un motivo basilare per guardare ed amare quest’episodio: David Boreanaz é, se possibile, più bello del solito e sfoggia una serie di cambi d’abito degna di una primadonna.
Scherzo (ma mica tanto).
In effetti si tratta di un episodio abbastanza di passaggio, simpatico ma non fondamentale. A livello visivo e stilistico però é di gran classe.

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