L’episodio ai Raggi X

Backstage

La prima stagione di “Bones” si chiude con questo episodio il 17 maggio 2006.

Il caso

Finale di stagione. E per il finale non può esserci un caso qualsiasi.
Infatti questo non lo è. Zack si ritrova a lavorare sulle ossa di una sconosciuta recuperate dal magazzino del Jeffersonian, quello che viene chiamato il limbo. Angela ne fa la solita ricostruzione facciale e… sorpresa. La sconosciuta non è più una sconosciuta. Bensì è la madre di Brennan.
E si tratta solo del primo colpo di scena.

I protagonisti: particolari, dinamiche, evoluzione

C’è una scena bellissima, in questo episodio, che probabilmente pone una sorta di sigillo sull’intera stagione e su parecchi dei suoi significati più importanti.
Brennan è in lacrime e singhiozza: “Sono specializzata nell’identificare persone senza identità“.
E Booth, confortandola, mormora: “Io so chi sei“.
Già. Ci troviamo di fronte ad un incredibile paradosso.
Temperance Brennan, quella che dà un nome a chi non ce l’ha, improvvisamente vede la propria stessa identità messa in dubbio. Tutto il suo mondo, tutte le verità che credeva di conoscere.
E accanto a lei, come sempre, a dirle che lui sa chi lei sia, a prescindere, c’è Booth.
Deve essere bello avere accanto qualcuno che possa dirti una cosa del genere, credendoci davvero.
Ma facciamo un passo indietro, riepiloghiamo.
Quindici anni fa, Matthew Brennan, un insegnante liceale di scienze, e sua moglie Christine, una contabile, sono misteriosamente scomparsi pochi giorni prima di Natale, lasciando soli i due figli, il diciannovenne Russ e la quindicenne Temperance. Di loro non si è più saputo nulla.
Fino ad oggi. 2006. Quando, per un puro caso, si scopre che uno dei tanti scheletri sconosciuti conservati al Jeffersonian, è proprio quello di Christine Brennan. E come appare sbagliata l’affermazione che i morti non possono parlare!
Sebbene defunta, con le sue sole ossa, Christine ha una lunga, lunga storia da raccontare.
C’erano una volta Max e Ruth Keenan, rapinatori specializzati in cassette di sicurezza. Famosi. Imprendibili. Niente armi. Guadagni mai stimati. Avevano commesso lo sbaglio di frequentare una banda di rapinatori di banche, pericolosa, violenta.
Nel 1978, un furto di questa banda era andato malissimo, morti, sangue, un fallimento. E i coniugi Keenan avevano deciso di mettersi in salvo, insieme ai loro figli, Kyle e la piccola Joy. Cambiando nome, cambiando identità e vita. Costruendosi una nuova, tranquilla esistenza.
Per cui sarebbe più esatto dire che una volta c’era una bambina, Joy Keenan.
Che adesso è un’antropologa forense e si chiama Temperance Brennan.
Da qui in poi la storia che raccontano le ossa di Christine si fa nebulosa. Entra in scena un nuovo personaggio, un certo Vince McVicar, un membro della banda dei cattivi. Ed è come se ci fossero più scenari alternativi tra cui scegliere.
Booth è convinto che Max e Ruth si siano imbattuti casualmente in McVicar durante lo shopping natalizio. Ne è seguito uno scontro, Ruth è rimasta ferita, una ferita che l’ha uccisa lentamente, in due anni. Marito e moglie sono svaniti per proteggere i loro figli.
McVicar invece afferma che è andata diversamente: che lui e Ruth erano amanti e che è stato Max a ferire Ruth a morte, che Max Keenan, alias Matthew Brennan, è un uomo duro e pericoloso.
Bel colpo di scena, per la povera Brennan, eh?
La madre è morta. Ora lo sa. E’ un fatto. Ma cosa pensare di suo padre?
Morto anche lui? In fuga per proteggerla? O piuttosto è un assassino spietato?
Se non altro ritrova Russ – o Kyle che dir si voglia – suo fratello.
Un bel personaggio. Il pubblico lo ha amato subito. Uno che non ha saputo fare granché di se stesso, in libertà sulla parola. Brennan lo accusa di averla abbandonata. Lui accusa lei di avergli voltato le spalle e rifiutato qualsiasi suo tentativo di avvicinamento.
Temperance mi odia tanto?“, chiede Russ ad Angela.
Russ… lei ti ama“, risponde Angela. “Sarebbe più facile se ti odiasse. L’odio è molto più facile dell’amore. Soprattutto dell’amore deluso“.
Vuoi sapere l’ironia?“, ribatte Russ amaro. “Temperance non si fida di me, perché ho mantenuto una promessa“.
E narra ad Angela di come, quando aveva 7 anni, suo padre lo aveva preso da parte intimandogli di scordarsi di chiamarsi Kyle. D’ora in poi si sarebbe chiamato Russ Brennan. Se non obbediva, sua madre e sua sorella sarebbero morte. La scena di quel bimbo costretto a ripetere all’infinito il suo nuovo nome è toccante, triste.
Se è stata dura per Brennan, si capisce quanto debba essere stata dura per Russ. Rimasto solo a 19 anni con una sorella più piccola, che avendo bisogno di incolpare qualcuno, avevo scelto lui.
Sei tu quella che ha rinunciato“, le dice. “Mi hai girato le spalle e ti sei creata una nuova famiglia“.
Brennan impiega un po’ a capire di avere le proprie colpe. E finalmente tende una mano al fratello. “A volte le persone devono spiegarmi le cose, credo“, ammette nel suo modo tutto brennaniano.
E tu devi dare loro la possibilità di parlarti“, le raccomanda Russ. Poi un abbraccio., una vecchia biglia, il loro gioco di “Marco Polo” di quand’erano ragazzi… Non mi addentro nei dettagli. Sono piccole tenerezze familiari.
Sotto l’occhio vigile di Booth. In quest’episodio in totale modalità “cavaliere-con-armatura”. Che ti protegge, ti conforta , ti porta a casa il cibo cinese e resta con te sino a tarda notte a parlare e ad ascoltarti.
Sarà old-fashion e poco femminista, ma non ditemi che ogni donna non vorrebbe avere un esemplare simile al proprio fianco almeno una volta nella vita. Giusto per sapere come ci si sente.
Persino Angela, osservandolo gettarsi nell’indagine come un ariete, pronto al solito anche ad infischiarsene delle regole, sospira a Brennan: “Sai cosa? Certe volte è proprio… ooh!“.
Come hai ragione, Angela!
Va detto che, nonostante la puntata sia maggiormente incentrata su Brennan, questo episodio ci dice anche qualcosa in più di Booth. In una serata di confidenza, racconta a Brennan che suo padre era stato pilota di jet da combattimento nella guerra del Vietnam e poi aveva lavorato come barbiere a Philadelphia. Sua madre invece scriveva jingles per un’agenzia pubblicitaria.
C’è chi ha commentato che Booth è stato trasportato direttamente dagli anni ’50 con una macchina del tempo. E probabilmente lui non lo sa.
Io aggiungo che, pur essendo nato a Buffalo, David Boreanaz è cresciuto a Philadelphia. Dicono che ne abbia anche l’accento. Sospetto che il fatto che anche Booth provenga da lì abbia a che fare con lui.
Riusciamo inoltre ad aggiungere qualche tassello alla timeline di Brennan, anche se, come nel caso di quella di Booth, nell’episodio precedente, risulta un po’ ingarbugliata.
Brennan è nata nel 1976. E fin qui nulla da eccepire.
Ma Zack dice che lei ha iniziato a lavorare al Jeffersonian nel 1998. Quindi a 22 anni. Se però torniamo indietro, nella stagione, riscontriamo che la sua relazione con Michael Stires era iniziata quando ne aveva 23 e lui era il suo professore alla Northwestern. Lei lavorava al Jeffersonian e contemporaneamente frequentava l’università, forse? Ma Goodman dice anche a Brennan di avere scelto lei per il suo lavoro, anziché Stires… O per lavoro si intende quello attuale, mentre prima, lì all’istituto, lei era stata solo un’apprendista?
Tutto può essere, ma in effetti è un po’ vago.
E poi c’è il nonno. In un episodio Brennan aveva raccontato di essere stata in orfanotrofio sino a che suo nonno non l’aveva presa con sé. Ma se le identità dei suoi genitori erano false, quello era veramente suo nonno? E dov’è finito? Perché non è più stato nominato?
A parte questo, è il caso di citare anche un altro particolare. Anzi due.
Brennan frequenta ancora David, il tipo che aveva conosciuto su Internet. E sta scrivendo un nuovo romanzo. Di cui David ha letto il manoscritto.
Il libro si intitola “Bone free”. Notate che nella versione originale, su questo titolo è costruito un divertente gioco di parole:
E’ tipo ‘Born free’“, dice David. “Solo che non ci sono leoni“.
Vi rammento che “Born free”, in Italia “Nata libera”, era un film di tanti anni fa con protagonista una leonessa.
Il titolo fa schifo“, commenta Booth. “Nel libro io ci sono?“.
No“, risponde Brennan.
Assolutamente“, la contraddice David.
Peccato che non ci sia verso che Brennan dia il manoscritto a Booth.
Lui si confida con Angela. Le chiede come mai, secondo lei, Brennan l’abbia fatto leggere a David e non a lui. Non la lascia nemmeno parlare. Si risponde da solo:
Sai, forse… forse è perché c’è troppo di me nella storia. Era imbarazzata, non pensi?“.
Ad Angela non resta che annuire. Ci vuole pazienza.
Ma alla fine noi scopriamo il motivo.
A casa di Brennan, Booth trova il manoscritto. Il titolo è cancellato da una croce (NB: perché lui aveva detto che era brutto) e nella seconda pagina c’è una dedica:
Questo libro è dedicato al mio partner e amico, l’agente speciale Seeley Booth“.
Infine, una piccola chicca.
Nel finale Russ sta dicendo a Booth che frequenta una donna con due figlie. E Booth commenta: “Bello. Le ragazze sono carine“, ovvero “Girls are nice“, la stessa battuta pronunciata da Angel nella prima scena della prima stagione di “Angel-The Series”.
Circa il finale dell’episodio, non scrivo nulla.
Va visto e goduto.

Guarda chi si rivede

Nel ruolo di Russ Brennan, ritroviamo un veterano del grande schermo: Loren Dean è infatti comparso in moltissimi, famosissimi film. Ve ne elenco qualcuno per sfizio: “Gli anni dei ricordi”, “Gattaca”, “Apollo 13”, “Space Cowboys”. Tornerà a vestire i panni di Russ anche in futuro.
Sempre per gli appassionati di cinema, molti riconosceranno anche Dee Wallace-Stone, che appare in un cameo come l’agente Callie Warner. Fu tra i protagonisti del leggendario “ET-L’extraterrestre”.

La scena

Dovrei citare tutto l’episodio, a dire il vero.
Arbitrariamente, ho scelto una scena che considero adorabile.
Sulla balconata del Jeffersonian, Brennan sta parlando con Angela del fratello Russ. Il fratellone cool e popolare, che da ragazzina aveva adorato, lei che non era certamente né cool né bella. Poi lui se n’era andato ed era stato come se non ci fosse più nessuno a chiedersi di lei, di dove fosse.
Questo mi manca“, dice Brennan. “Qualcuno che si chieda sempre dove sono“.
Ed all’improvviso, dal laboratorio sotto la balconata, si sente la voce di Booth: “Bones? Sei lì sopra, Bones?“.
Brennan ed Angela si scambiano un sorriso.
Non la trovate anche voi una scena deliziosa?

La battuta

Russ Brennan: “La solita vecchia Tempe. Mai trovata una regola che valesse la pena di essere infranta“.

Il mio parere

Che dire… L’episodio mi è piaciuto tutto, sia nello stile che nel ritmo. Non un attimo in più o in meno. Il teaser da solo è perfetto e ho adorato come Booth riconosca il volto della madre di Brennan nel giro di un secondo. E poi Russ. I flashback in bianco e nero. Gli squints che fanno fronte comune intorno a Brennan per aiutarla. E lei che dice loro semplicemente grazie. Un gesto che ti fa capire quanto sia cresciuta emotivamente. Il sinistro McVicar che insiste a chiamarla Joy. Il pianto di lei tra le braccia di Booth.
E il finale, veramente ad effetto.
Un effetto che non cadrà nel vuoto. La seconda stagione lo confermerà.
Scelgo di chiudere con le parole del brindisi a base di birra di Brennan, Booth e Russ.
“A noi.
A chiunque siamo.
A quello che diventeremo
“.

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