Bones 12: Hart Hanson parla del percorso della serie negli anni

A poche ore dalla trasmissione dell’episodio finale di Bones, in onda questa sera negli Stati Uniti, non potevano mancare le parole del creatore della serie Hart Hanson, intervistato da Marisa Roffman, a chiudere il cerchio di questa straordinaria creazione che è stata Bones, che ci ha tenuto compagnia per 12 anni e 246 episodi.

Se vi sentite pronti a fare questo tuffo nel passato, afferrate una scatola di fazzolettini (ci saranno lacrime da versare) e lasciatevi andare: come dice il saggio non è tanto la destinazione a contare, quanto il viaggio ed il percorso che ci ha fatto fare questo show ha portato alcuni di noi molto lontani, ma ci ha dato anche incredibili opportunità, per le quali non smetteremo mai di ringraziare ogni singola persona che abbia contribuito a rendere questa serie quella che è stata in questi anni.

Cosa ti ha fatto pensare che Emily Deschanel e David Boreanaz fossero perfetti per il ruolo di Brennan e Booth?
Abbiamo ingaggiato David per primo. Non avevo nemmeno avuto bisogno di incontrarlo quando Dana Walden [adesso CEO della Fox Television Group] mi ha detto “Prenderesti in considerazione David Boreanaz?“, io le ho risposto di sì. Stavamo cercando un attore per il ruolo principale ormai da un paio di mesi e non volevo il classico belloccio e basta. L’idea era che ad affiancarlo ci sarebbe stata una donna forte, quindi cercavo la giusta controparte. Abbiamo fatto il provino a diversi attori ma David si è rivelato la persona giusta: il tipico ragazzo americano con un tocco retrò. Questo però ci ha dato un altro grattacapo: come trovare la donna che riuscisse a tenergli testa. Due delle finaliste erano affidabili. Una era una scelta sicura, l’altra era Emily che non aveva mai fatto una serie TV, ma solo film indipendenti. Quando lei e David si sono trovati per il provino c’è stata subito una forte intesa e mi sono emozionato. Emily è diventata subito la mia scelta. Credevo dovessi andare ai piani alti e litigare per lei invece di prendere l’altra attrice più famosa, ma all’audizione, di fronte ai membri del network, c’è stato questo momento fra David ed Emily, in cui lui ha fatto un passo verso di lei. E’ stato solo un passo verso Emily. Booth stava cercando di dimostrare il suo essere maschio alfa con Brennan, ma lei ha risposto facendo un passo verso di lui. Può sembrare una cosa banale, ma è stata istintiva da parte sua, è stata elettrizzante. Tutti in quella stanza erano dei professionisti in grado di riconoscere la chimica fra due attori quando la vedono. Non ho dovuto argomentare la mia scelta, era ovvio che ci fosse un’ottima intesa fra i due, difficile da trovare. Quando la vedi in una scena sei la persona più fortunata del pianeta. C’era questa incredibile chimica fra i due e BAM, ecco le dodici stagioni.

Quando hai capito che lo show ce l’avrebbe fatta?
Credo sia successo con il quarto episodio [La mano]. Sono andati in questo paesino sulle montagne insieme e nell’episodio c’era un po di commedia e un po’ di tensione. Ho pensato fosse uno di quegli show che sarebbe potuto andare in onda per sempre, tipo Magnum P.I. o X-Files. Nonostante ciò non mi aspettavo ci ordinassero di completare la stagione. Ma poi ci hanno chiesto una seconda stagione e poi altre due. Quello è stato il momento in cui ho pensato che potessimo andare avanti diversi anni prima che decidessero di cancellarci. E poi ci hanno sballottati qua e là. Ma non ci ha rovinato. Al secondo, terzo episodio di ogni nuovo slot, ecco che l’audience teneva: i fan ci avevano trovato. Non sono sicuro che la Fox avrebbe mai scoperto quanto potente fosse Bones se non avesse tentato di farci fuori. [Ride]. Non hanno mai provato veramente a farci diventare importanti, ma eravamo quel piccolo programma che potevi mettere dove volevi. Questo ci ha permesso di andare in onda per tutto questo tempo: magari se non avessimo avuto modo di dimostrare il nostro valore, saremmo stati cancellati come un pessimo prodotto in una collocazione stabile.

Siete anche stati minacciati di essere spostati al venerdì, fino a quando l’hanno fatto, e lo show ha retto, poi vi hanno spostato ancora.
[Ride] Questi siamo noi in poche parole. Eravamo solo il loro programma utile, il che era assolutamente lusinghiero, ma estremamente offensivo. Principalmente lusinghiero, comunque. Durante tutti quegli anni avevamo un’arma segreta alla Fox, un supporter d’eccezione nel network: Preston Beckman, il responsabile della programmazione. A Preston piaceva Bones e ha lottato per noi ogni singola stagione. Non ha mai vacillato. Sono orgoglioso del nostro show. Non ho mai lavorato ad uno show in cui c’era così tanto spirito di squadra tra il cast, la troupe, gli scrittori e i produttori. A tutti piaceva lavorare in Bones, non ci sono stati grossi drammi dietro le quinte.
A tutt’oggi, David ed Emily, se li conosci come persone, non dovrebbero andare d’accordo. Non avrebbero potuto esserci due persone più predestinate ad infastidirsi ed irritarsi a vicenda, eppure sono due amici fantastici. Si prendono cura l’uno dell’altra lontano dalle telecamere. Nel dietro le quinte avevano un atteggiamento fraterno e questa è un’altra delle ragioni per cui siamo andati avanti tanto a lungo. Avrai sentito di tutte quelle storie di cosa accade quando due co-protagonisti tendono a non piacersi. Per i nostri non è stato così.

Lo show ha scelto il cast di supporto fin dall’inizio. Che senso ha avuto fare questo lavoro preparatorio con tanto anticipo?
E’ stato parte della mia filosofia. Ero stato assunto per creare uno show che durasse a lungo. L’industria è cambiata molto da allora, ma lo scopo del network nel 2005 era di arrivare almeno a 100 episodi: arrivare alla syndication. Ed è chiaro che per riuscire ad ottenere questa cosa devi avere un ottimo cast dalla tua parte. Siamo stati molto attenti nel casting dei personaggi secondari, abbiamo riflettuto molto sulle trame. Ed alcuni dei cambiamenti più difficili in Bones sono stati fatti presto, mentre ancora stavamo fissando queste regole. Abbiamo scelto Cam in un ruolo molto importante: un personaggio che fosse più coinvolto nella serie del precedente capo del Jeffersonian.
[Jonathan Adams, che ha interpretato Goodman il responsabile del Jeffersonian nella prima stagione] è un attore adorabile ed un presenza notevole sullo schermo. Ma non è stata una buona scelta, non riuscivo a coinvolgerlo nelle storie. Più avanti la forza dello show sono diventati David ed Emily, ma dovevamo raccontare altre storie nel laboratorio. Il che è significato portare dentro i borsisti per avere sempre storie fresche. E Cam è stata parte di queste scelte, lo scopo era quello di scegliere un cast forte per il bene dello show al lungo termine.

Qual è stata la reazione del network agli squintern, in particolar modo quando è diventato chiaro che avrebbero continuato a ruotare piuttosto che orientarsi verso uno solo di loro?
Sono stati d’accordo quando glielo abbiamo spiegato. Sono ancora sotto shock per quanti ne sono riusciti a far tornare. E’ stato difficile a causa delle loro disponibilità, perché non avevamo la loro esclusiva. Non ricordo ci abbiano scoraggiati dal farlo una volta che il network ha realizzato che le persone avevano delle preferenze. I social media sono stati un ottimo modo per vendere il prodotto perché potevamo contare sul nostro meraviglioso e numeroso pubblico che, sui social, discuteva sul preferito di ognuno di loro e su chi volevano tornasse. Nel momento in cui la gente ha fatto questo, abbiamo capito che stavamo facendo la cosa giusta. Ha aumentato l’interesse verso lo show. E’ stato un azzardo, ma ha funzionato grazie a quegli attori incredibilmente dotati. Un’altra cosa che non ho mai visto prima è che gli attori sono diventati ottimi amici. [Ride] Si sono incontrati grazie allo show, a stento apparivano nello stesso momento, perché sono pochi gli show che hanno più di un intern. In realtà quindi erano in competizione per avere spazio in Bones, alcuni di loro erano in attesa di trovare un altro lavoro eppure sono diventati amici. E’ la cosa più strana che abbia mai visto.

Cosa ti ricordi a proposito delle discussioni interne sul giusto momento per far mettere insieme Booth e Brennan?
Erano costanti, ad ogni livello. Ognuno aveva la propria opinione, molte delle quali sono state ignorate. C’erano molte persone interessate che avevano un’opinione su quando sarebbe dovuto accadere. Poche persone discutevano sul “se“, ma all’inizio di ogni stagione noi eravamo più concentrati sul “cosa accadrebbe se non succedesse?” e discutevamo su questo. E poi abbiamo cominciato a parlare del quando. L’idea era che se li avessimo fatti mettere insieme, l’avremmo fatto all’ultimo momento possibile. E poi c’è stata una strana confluenza di eventi: sapevamo sarebbero andati a letto insieme dopo la morte di Vincent Nigel-Murray [“Dritto al cuore” 6×22] per cercare conforto l’uno nell’altra e sapevamo avremmo dovuto lottare per quello. E’ stato quello il momento in cui Emily mi ha sussurrato che aspettava un figlio e abbiamo assecondato la cosa. L’abbiamo rimandato il più possibile, senza far arrabbiare le persone (non sto dicendo che non abbiamo fatto arrabbiare nessuno), ma non c’è niente di male nel far arrabbiare la gente se poi continua a seguire lo show. E’ davvero difficile vedere qualcosa di negativo come positivo. Ma è quello che è stato. E poi ho capito che era arrivato il momento giusto. Il mio amico Stephen Nathan sapeva che era il momento giusto. Le prime persone con cui abbiamo parlato sono state David ed Emily e anche loro sapevano che era il momento giusto. E sono quasi certo che, quando l’abbiamo comunicato al network, abbiano detto tutti un “Grazie al cielo!” [Ride] Sono stati bravi a non forzarci a fare questa cosa, non mi piace elogiare i dirigenti del network o dello studio, ma sono stati davvero bravi.

Durante il tempo trascorso a lavorare per Bones, lo studio ti ha sfidato a creare altri show. Cosa ti ha fatto decidere di fare definitivamente un passo indietro?
Me ne sono andato da Bones per fare dei pilot, ogni volta che tornavo indietro però mi sembrava ingiusto. Stephen Nathan mi avrebbe sostituito nella conduzione dello show. Me ne sarei dovuto andare per quasi due terzi della stagione per poi tornare per una manciata di episodi. Me ne sono andato per occuparmi di The Finder, che ha avuto solo 13 episodi e poi sono tornato ad occuparmi di Bones e ho pensato che non era giusto nei confronti di Stephen. E’ sempre stato gentile con me, cosa per cui mi sono sentito in colpa. Quando me ne sono andato per occuparmi di Backstrom, ho detto a Stephen: “se funziona, io farò quello, continuerò ad essere un produttore esecutivo di Bones e a consigliarti, ma sarai tu lo showrunner. Se non funziona, stessa cosa: tornerò e sarò il tuo braccio destro.” Ho davvero un buon rapporto con quelli della Fox. Ho avuto, tutto sommato, un buon accordo con loro per circa quindici anni. Ma ho deciso che avrei voluto vedere cosa accadeva nel mondo. Non volevo avere un altro accordo a lungo termine, volevo scrivere un libro. Il mondo è cambiato e io sono stato in una specie di sottomarino dei network per troppo tempo. Stephen stava dirigendo lo show e poi è arrivato il momento di sostituirlo, sono arrivati Jon [Collier] e Michael [Peterson]. A quell’epoca ero simile ad uno zio pazzo che andava dicendo: “farei questo, farei quello“. Ma erano loro a dirigere lo show; non c’è niente di peggio di un vecchio showrunner che arriva a guastarti il lavoro. Ho cercato di lasciare lo show a Stephen, Michael e Jon senza interferire nel loro lavoro. La verità è che hanno fatto alcune cose che io non avrei fatto. Che è esattamente il modo in cui doveva andare; rinvigorire lo show e avere una nuova visione. O sei a bordo o non lo sei. Ed io non lo ero sempre più spesso.

Visto e considerato questo, com’è stato essere sul set per l’ultimo episodio?
E’ stato davvero complicato. Ho smesso di andarci perché ho pensato fosse il momento di farlo. Ogni volta che camminavano sul set sentivo gli assistenti di produzione che bisbigliavano fra di loro “è arrivato papà“. [Ride] Cosa raccapricciante, tra l’altro. Ho pensato che dovevo smettere di andare sul set, per me e per loro. Parlo spesso con gli attori ma ho pensato che non sarei più dovuto andare sul set e stare dietro un monitor come se dirigessi ancora lo show, perché sapevo cosa sarebbe successo: gli attori sarebbero venuti da me e avrebbero iniziato a dire “dovremmo fare così” oppure “cosa ne pensi di questo?” cosa che ho sempre adorato; ascoltare gli attori che parlano dei loro personaggi è fantastico. L’attenzione dovrebbe andare allo showrunner sul set ed io non lo ero più. Non volevo si pensasse che volevo usurparne il ruolo. Non sono andato sul set per molto tempo. Vedevo gli attori ma non andavo dove avvenivano le riprese. E’ stata la meravigliosa e deliziosa Karine Rosenthal [che ha partecipato alla stesura del finale] a dirmi “dovresti venire un’ultima volta“. Lei è stata spesso la voce della mia coscienza. Non avrei voluto farlo perché era doloroso, è davvero doloroso allontanarsi da uno show. Il mio migliore amico l’aveva diretto dopo di me, ma immaginavo fosse come stalkerare su Facebook una vecchia fidanzata che ti ha spezzato il cuore. E’ doloroso, una complicata serie di emozioni. Sono andato sul set l’ultimo giorno che stavano girando. Avete visto in che condizioni era ridotto, cosa gli avevano fatto. Mi sono venute le lacrime agli occhi, sapevo cosa sarebbe successo ma cavolo, hanno fatto un ottimo lavoro.
E poi ci sono tutti, il tempo è corso via. C’era mio amico [e regista di Bones] da lungo tempo Ian Toynton e tutti gli attori principali, è stato davvero emozionante. E’ stato emozionante guardarli recitare i loro personaggi e stavano girando l’ultima scena. E poi quando abbiamo fatto pausa per il pranzo – Davd era il regista – abbiamo fatto una foto con tutto il cast e la troupe sulla piattaforma. E’ una cosa che si fa ogni anno, ma questa sarebbe stata l’ultima volta. E quindi siamo rimasti lì e abbiamo cominciato spontaneamente a fare dei discorsi. Il capo dipartimento, gli attori, i registi e naturalmente gli attori sono i più bravi in queste cose – e poi è stato il mio turno.
Mi sono girato per guardare tutti dalla piattaforma – ancora mi commuovo a ricordarlo – ed erano tutti lì, mi guardavano tutti. Era lì, le persone  che avevano fatto questo show per 12 anni. Qualcuno è andato via, qualcuno è morto, sono nati dei bambini. E’ stato un villaggio per 12 anni. Riuscivo ad immaginarmi i volti di tutte le persone che erano state nella serie ed erano andate a fare altro.
Quando fai una cosa del genere, ti avvicini molto alle persone con cui lavori. Leghi con loro, specialmente se ci litighi ed hai opinioni diverse. E’ stata una delle esperienze più belle della mia vita, Non ricordo cosa ho detto, perché non c’era molto da dire. Erano loro: 120 volti che mi guardavano. Ero pieno d’amore per loro come loro lo erano per me. E’ stato molto, molto emozionante. Hanno girato un altro paio di scene fuori dalla Fox dopo quel giorno, ma non ho più avuto il coraggio di tornare sul set dopo. [Ride] Sono uomo molto, molto fragile.

Stavano girando in piena notte fuori dalla Fox.
Sì, sarebbe stato sconfortante. Ma quando parlo con qualcuno che sta per diventare showrunner, fai talmente tanti errori. La cosa che non ho sbagliato a fare e che ha aiutato molto, accadeva il venerdì sera nelle prime stagioni. Io rimanevo finché tutti andavano via, a volte fino a che non si faceva sabato. Perché se c’era ancora qualcuno a quell’ora era per colpa mia. Se qualcuno doveva lavorare fino alle prima luci dell’alba era mia responsabilità. Ma è anche vero che quelli sono i momenti in cui parli con la troupe, con i capi dipartimento e ti fa vedere, capisci come vanno le cose all’interno della produzione… perché sono le 2:30 di mattina e cerchi di stare sveglio. Alle persone prende la risarella a quell’ora. Ho fatto questa cosa per diverse stagioni prima di diventare troppo vecchio e capire che non potevo continuare a fare questa cosa e poi presentarmi al lavoro la mattina del lunedì. Ma c’era una parte di me che mi ha detto che dovevo andare quell’ultimo giorno.

Che cosa significa per te il fatto che Bones sia lo show più longevo della Fox?
Tutto. All’inizio eravamo il piccolo motore che tutto può, questa è l’immagine che avevamo dello show: eravamo dei maratoneti. Ogni anno c’è lo show più quotato tra tutti, ogni anno c’era uno show che avrebbe rimpiazzato Bones, che è passato sotto cinque diversi capi del network. E noi ogni anno eravamo le tartarughe. Ed ha funzionato: il nostro premio è arrivato più avanti. Nessuno ci ha amato in maniera particolare nei primi tempi. Avevamo i nostri fan, ma non eravamo una priorità del network.
Ci sono stati persino responsabili del network che non volevano nemmeno parlare di noi… che non amavano Bones. La nostra vendetta è stata sopravvivere così a lungo. E’ una metafora simile alla vita: se vivi abbastanza a lungo cominci a piacere alla gente. E’ gratificante che siamo riusciti a fare quello che abbiamo fatto: intrattenere le persone e ripagare il pubblico per la lealtà rimanendo in onda. Ecco perché per noi era così difficile essere arrabbiati o indignati  quando ci è stato annunciato che la dodicesima sarebbe stata la nostra ultima stagione. Penso che siamo tutti molto grati di essere riusciti a concludere lo show nel modo in cui volevamo. Alla fine ci siamo guadagnati il rispetto del network, che è stata un’esperienza interessante da vivere.

C’è altro che ti piacerebbe aggiungere sulla tua esperienza in Bones?
Che è stata fantastica! [Ride] E’ stata meravigliosa. Ho creato lo show ormai da adulto, eppure probabilmente resterà ciò che mi definirà professionalmente. E’ buffo: ho iniziato per senso del dovere, dovevo un pilot alla 20th Century Fox e mi hanno detto “Faresti un procedurale con Barry Josephson?” Ho risposto “Uhm, no.” Ma volevo incontrare Barry, quindi sono andato all’incontro e lui mi ha sedotto.
E poi mi ha sedotto il materiale, che era un documentario su Kathy Reichs; ho pensato che fosse una delle persone più interessanti del mondo. E questa cosa mi ha catturato il cuore. E’ stato come essere sedotti dal proprio lavoro mentre lo si fa, questa è la mia esperienza con Bones. Ho fatto il mio lavoro e poi me ne sono innamorato, è stato un matrimonio combinato ed ho finito per innamorarmi disperatamente di Bones, che è stato un progetto difficile. Questa è la cosa davvero interessante, che la vita possa essere così è stata una vera epifania.

Fonte: TV Insider

2 Commenti

  1. Sandra Bittolo Bon

    Penso sia esaltante portare avanti un serial come Bones per 12 anni . Non è facile per noi fans pensare che è finito.

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  2. scendincampo

    Ho finito ora di guardare l’ultimo episodio…
    E sinceramente mi mancano già tutti gli attori , e tutte le storie… Questa serie non solo mi ha coinvolta è divertita con i vari personaggi ( Ben definiti e caratterizzati)… Ma mi ha anche fatta appassionare all’antropologia come materia….
    Grazie per la splendida avventura
    Ho un briciolo di speranza: forse la ristrutturazione del laboratorio portera’ forse un nuovo progetto?

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