Hart Hanson

Notizie biografiche

È nato a Burlingame (California), il 26 luglio 1957, ma la sua famiglia si è trasferita in Canada quando era ancora un ragazzo. Quando parla di se stesso, si definisce canadese.
Come ha scritto su Twitter, la sua famiglia è di religione cattolica.
Ha conseguito il B.A. (Bachelor of Arts, laurea di primo livello) presso l’Università di Toronto e l’ MFA (Master of Fine Arts, laurea di secondo livello) presso l’Università della Columbia Britannica.
È stato candidato 6 volte ai Gemini Awards, premio televisivo che è la versione canadese degli Emmy, che ha vinto 4 volte.

Cronologia della sua attività come autore e come produttore

Ha lavorato sia in Canada che negli USA.
Dai dati rintracciabili, la sua prima collaborazione per una series risale al 1991, e alcune delle sue produzioni non sono molto conosciute, almeno in Italia.
Le elenco in via cronologica è il seguente:

Filmografia Hart Hanson @ Internet Movie DataBase

(È da precisare che per molte series si è trattata di una collaborazione per un numero limitato di episodi.)

Dallo schema risalta come Bones sia stata e sia tuttora per Hanson l’occasione per il pieno riconoscimento delle sue capacità. È, infatti, la prima series di cui è pienamente responsabile e, come dimostrano molti suoi interventi su Twitter, che esercita in pieno.

Metodo

In un’interessante intervista rilasciata a Daniel Robert Epstein in occasione della messa in onda del primo episodio di Bones il 13/9/2005 per il sito UGO (lo stesso giorno lo stesso giornalista ha intervistato anche Barry Josephson, il produttore della series), Hanson ha risposto ad alcune domande che offrono spunti per conoscere meglio il suo metodo di lavoro, soprattutto per quanto riguarda lo script dei singoli episodi.
Contrariamente a molte altre produzioni (com ad es. Lost), ha tenuto a precisare che il lavoro, all’inizio, non è collettivo, ma ogni collaboratore, a seconda delle sue peculiarità, viene incaricato di redigere una prima stesura e solo dopo inizia il lavoro collettivo di limatura fino ad arrivare alla redazione definitiva, che, per la natura stessa delle series, è sempre work in progress.
Lavoro nel quale, almeno agli inizi, è stato coinvolto al massimo il produttore della series, ossia Barry Josephson.

Un posto del tutto particolare, tra i suoi collaboratori, è ricoperto da Stephan Nathan, il suo vice, conosciuto quando collaboravano ambedue con Barbara Hall in Joan of Arcadia.
Sempre nell’intervista sopracitata Hanson chiarisce che il momento della chiusura di Joan of Arcadia ha coinciso con i preliminari di Bones, per cui ha potuto offrire a Nathan questa ulteriore collaborazione, cui tiene molto.

Come noto, ma mai sufficientemente ricordato, Hanson, inizialmente, non era per niente attratto dalla proposta della Fox di prendere le redini dell’allora nascente progetto di Bones, perché non ha mai avuto alcun particolare interesse a scrivere o girare meri “procedural”. Solo dopo aver incontrato la Reichs, aver visto un documentario che illustrava i suoi metodi di lavoro e dopo aver avuto dal network le più ampie assicurazioni di completa autonomia per scrivere il “suo” show come meglio credeva, ha finalmente accettato e si può ben dire che è stata una scelta felice.

Stile

Hanson è un esploratore dell’animo umano, il quale non solo analizza e seziona le dinamiche esistenziali a livello individuale e interpersonale, ma le rappresenta con quel “supplemento d’anima”, che porta al coinvolgimento di coloro che sanno cogliere e interpretare il senso profondo insito nella series.
Come ha giustamente osservato Dreamhunter nell’Extra del Pilot, “Bones è una serie ricca di scene simboliche, metafore in immagini, che offrono ulteriori chiavi di lettura in più oltre ai dialoghi e ai fatti concreti”.
“Attraverso la storia di due persone e della strada che percorrono insieme” (Dream), “nell’approfondimento dei personaggi, dei loro dialoghi, dei loro gesti, [grazie al quale] acquistano valore uno sguardo, una carezza, un singolo bacio, una semplice frase” (Ales), Hanson ci descrive il cammino di esperienza e di condivisione che sono possibili nell’incontro di una donna e di un uomo e di come gli effetti di questo incontro modifichi loro e le persone che sono loro vicine. Ma questo è possibile, perché alla base è una opzione culturale positiva, la quale ci viene a suggerire che nella vita  la speranza, l’essere buoni e desiderare di fare il bene sono obiettivi raggiungibili, perché siamo noi, nel bene e nel male, gli artefici del nostro destino, lo possiamo costruire nelle sue infinite ed immense possibilità e potenzialità, solo se siamo aperti profondamente e intimamente alla dimensione dell’altro e da questo punto di vista Booth e Brennan sono una fonte inesauribile di prese d’atto e di indicazioni.

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